Bacchetti l'archeologo sui tasti
Che tristezza quando ci si imbatte in quell'opinabile spartiacque che separa
i "maggiori" dai "minori". Un po' come quando , ai tempi della scuola, il capoclasse - in assenza della
maestra - scriveva sulla lavagna i buoni e i cattivi. Inferno o Paradiso. Ma chi lo decide? Poi nell'arte la discutibilità
del criterio - in realtà - si fa metodo assodato (e assoldato) in nome di una semplificazione critica ad usum radiotelevisionis.
Come se pure nell'arte valesse la strategia del consenso, così forte in altri campi (dalla politica ai format tv).
Per fortuna, però, può capitare, invece, di incontrare artisti che non solo suonano e bene, ma si fanno anche strumenti di
abile e intelligente divulgazione. Prendiamo il pianista Andrea Bacchetti. Ho avuto la fortuna - per la prima volta - di
assistere ad un suo recital proprio ieri, presso la formidabile cornice della Commeda di Pré, qui a Genova.
Inutile sciorinare il nobilissimo (nonché mobilissimo) curriculum di questo eccellente interprete internazionale.
Ha cuore e cervello. Tecnica e buon senso estetico-comunicativo. Ma, la marcia in più - e lo si apprende recandosi ad un suo
concerto - è la scelta di un repertorio per nulla scontato, ma studiato. "Studiato", nel senso, che ogni suo concerto
è la proposta di una ricerca (anche filologica) attivata intorno a pagine non famosissime. Vogliamo dire "di nicchia"?
E sia. Bacchetti non solo "suona", ma si sbatte come pochi. Prendiamo il Galuppi dimostrato nella Sonata in Si bemolle
maggiore. Come è possibile che tra quelle note si percepisca già un'aria chiaramente mozartiana? Oppure pensiamo all'inedito per
tastiera della Sonata in re minore di Benedetto Marcello, estratto - ad opera dello stesso Bacchetti - da un manoscritto conservato
alla Marciana di Venezia. E quali meraviglie intonse si schiudono dai Minuetti scritti per Caterina di Russia dall'operista Paisiello.
Vagando, guidati da Bacchetti, per questo giardino delle delizie, ancor più lieta diventa la sosta presso due munifici edifici,
quello del catalano Antonio Soler e del più noto Domenico Scarlatti. Il pianoforte è una corriera che sfreccia sulle strade
accidentate di un itinerario imprevedibile: dal Barocco viriamo verso l'Ottocento. Che c'entra Rossini? Eh, assaporatelo
(e riscopritelo) il più giovane pensionato della storia della musica che continua a scrivere per diletto Tarantelle pur sang
(avec traversée de La procession) dai Péchés de Vieillesse. E in appendice un raro Notturno di Louis Diémer (compositore
francese allievo del belga Franck), una perla già pervasa di vividi lucori impressionistici.
Non capita spesso, almeno in Italia, di conoscere qualcosa di nuovo, soprattutto quando gli archeologi del sapere sonoro sono gli
interpreti; più che funamboli stregoni, umanissimi e curiosi cercatori di suoni. Come Andrea Bacchetti. © Riccardo Storti