AUTORI VARI
Genova - Teatro Carlo Felice: Concerto con Fabio Luisi e Andrea Bacchetti
Sul programma di sala, ad introdurre Mozart sono le seguenti parole: "Autoritratto di un genio,
mentre sorride". Concerto per pianoforte K 414, La maggiore: la tonalità del sole, della gioia,
della luminosità. Almeno per Mozart, che, lo sappiamo, con il "colore" tonale gioca, proprio
come un pittore riversa la tavolozza sulla tela. E allora via all'orchestra che,
Allegro, introduce il
primo tema, gaio e leggero, poi il secondo, che subito pare indugiare appena, ma che poi si lascia andare,
in uno scenario terso e luminoso, in cui, con trepidazione quasi infantile si attende lui, il solista,
a condurre svaghi e divertimenti. Ed allora eccolo, il pianoforte, che si riprende il primo tema,
dapprima se lo canta, se lo rigira tra i tasti, poi lo lancia in orchestra in una schermaglia di botta
e risposta che ha tutto il sapore del teatro. Ma qui siamo a teatro: ogni strumento, ogni spunto, ogni
pausa fa parte del canovaccio, ognuno ha il suo ruolo, non si deve uscire troppo o troppo poco,
l'equilibrio è delicatissimo e non si sgarra. Chi suona Mozart questo lo sa.
Andrea Bacchetti, classe 1977 - venerdì sera al Teatro Carlo Felice di Genova - coglie lo spirito
mozartiano in maniera impeccabile: sereno, delicatissimo, leggero, snocciola crome semicrome trilli e
gruppetti con quella nitidezza che è così ardua da rendere e che fa la differenza. Anche questo, chi
suona Mozart lo sa. Apparentemente facile, la musica di Mozart è tra le più difficili da eseguire e da
interpretare, con la sua precisione e pulizia, la sua accesa ironia, il suo carattere peculiare, sempre
imprevedibile, mai banale, arguta e perfetta.
Bacchetti recita e diventa personaggio dell'immenso teatro mozartiano, insieme al suo pianoforte, insieme
agli archi, ai fiati: e insieme a
Fabio Luisi, che dal podio gioca pure lui, asseconda il fraseggio del
solista, gli risponde a tono, partecipa agli scherzi e alle danze. E se con Luisi ci siamo abituati, beh,
con Bacchetti la sorpresa è ancora più gradita: visibilmente teso prima dell'esecuzione, non appena sfiora
i tasti del suo strumento l'artista genovese si trasforma, libera la sua estrema sensibilità e dolcezza,
canta e si conquista la compassione - nel senso letterale del termine, come condivisione di sentimento -
di tutti gli strumenti d'orchestra. Un'esecuzione perfettamente controllata, limpida, gestita con spirito
sereno e composto, tecnicamente precisa, bilanciata nelle sonorità, attenta ai respiri, alle dinamiche,
morbida ma intensa. Commovente l'
Andante, con la sua pervadente intimità, avvolge, accarezza e
tiene sospeso l'animo fino allo scoppiettante
Rondeau finale: e qui davvero ci si sbizzarrisce con
piroette e giravolte, sempre lievi ed eleganti, mai sgarbate naturalmente, cui tutta l'orchestra partecipa,
seguendo passo dopo passo il pianoforte,
maître de ballet che nella sua assoluta discrezione dimostra
carattere e carisma.
Applausi scroscianti a Bacchetti, sentiti e sinceri, perché davvero ha fatto dono al pubblico di casa sua
di un'esecuzione magistrale.
Dopo l'intervallo cambiamo pianeta.
The Ring, an Orchestral Adventure, vale a dire L'Anello del Nibelungo
(di Wagner) in scala 1:15: un "riassunto" di un'ora sulle quindici totali della celeberrima
Tetralogia, composto - o meglio imbastito e cucito - dall'olandese Henk de Vlieger. Premettiamo che, di norma,
siamo scettici sulle operazioni di questo tipo, in cui cioè una composizione originale viene sottoposta a
rimaneggiamenti, invasivi o meno, per dar vita a qualcosa di nuovo. E con sincerità riconosciamo anche che
il lavoro di de Vlieger - migliore tra i tanti che ci hanno provato - è davvero svolto con rispetto, abilità
compositiva, gradevole gusto d'insieme. I collegamenti che sono stati inseriti tra una giornata e l'altra
della grandiosa epopea wagneriana non disturbano, sono coerenti con la partitura di riferimento e mai banali.
La resa finale è, senza ogni dubbio, di grande impatto emozionale; diretta poi da un podio del calibro di
Luisi ha anche una marcia in più.
Però, altrettanto sinceramente, non ne troviamo il senso. Pronti ad assumerci la responsabilità di quello
che altro non è se non un giudizio, un'opinione personale, legata al gusto e all'idea che abbiamo del teatro
wagneriano. Wagner ha scritto fiumi di inchiostro sulla sua concezione del dramma: il Wor-ton-Drama non è
solo una caratteristica, chiamiamola estetica, riferita a opere interminabili, in cui è imposto assoluto
silenzio e cui bisogna assistere, irretiti dal fascino inebriante del cosiddetto golfo mistico, in religioso
silenzio e senza alcun tipo di interruzione. La concezione di Wagner è Filosofia, con una pregnanza e
profondità assoluta che investe l'opera d'arte nella sua interezza, non intesa soltanto, quindi, come
fruizione musicale. L'Opera d'Arte Totale è un unico organismo di suono, parola, spazio scenico, un'armonica
fusione di arti temporali e spaziali: isolarne le singoli componenti non ci sembra rispetti la sua natura.
Ecco che allora la scelta di un'opera del genere ci sembra riduttiva, una sorta di banalizzazione che voglia
rendere più "digeribili" le lunghe ore nibelungiche; né riteniamo che possa esserci una finalità
divulgativa, visto che il Ring, pur nei suoi indiscussi pregi sinfonici, non è solo un brano per orchestra.
Chi ha idea di cosa succede sul palcoscenico, perché già ha assistito all'opera originale, può abbinare i
temi musicali alla storia e ai personaggi; ma chi la Tetralogia non l'ha mai vista e non la conosce, può
cogliere l'estrema complessità e ricchezza che pervade la saga wagneriana? Abbiamo dei dubbi, nulla più.
Detto questo, ringraziamo Fabio Luisi per la splendida esecuzione, guidata con maestria e passione, regolando
ad arte gli interventi delle varie sezioni d'orchestra, partecipando con intensa emotività, sempre rispettando
gli equilibri sonori, mai tralasciando i particolari della partitura, respirando con gli strumenti, stimolandoli
nella resa sonora. Luisi trasmette alla massa artistica una indiscutibile personalità e l'orchestra non
perde mai il suo solidissimo riferimento.
La "sua" platea gli ha riservato il più caldo e apprezzato riconoscimento.
Barbara Catellani