luogo adeguato e aperto al pubblico, la Serenissima ordinò a Jacopo Sansovino di costruire sulla
piazzetta di San Marco, di fronte a Palazzo Ducale, un monumentale edificio, detto Libreria sansoviniana,
che fu ultimato nel 1553.
I maggiori pittori veneziani, Tiziano, Veronese, Tintoretto e altri apposero le loro tele sulle
pareti e ornarono i soffitti di quelle sale, mentre alla fine del '500 lo stato veneto vi collocò
il museo statuario della Repubblica. Anche se oggi le sale di lettura della Biblioteca Nazionale
Marciana sono ospitate in un edificio adiacente a quello della originale Libreria (un edificio che
fu ugualmente progettato dal Sansovino per diventare Zecca dello Stato Veneto), la consistenza del
patrimonio librario resta ancora idealmente collegata alle origini, tant'è che il fondo che raccoglie
i codici greci è ancora uno dei più importanti del mondo. Anche per quanto riguarda i manoscritti
musicali la Marciana possiede raccolte preziosissime che ne fanno di gran lunga, anche in questo
settore, la biblioteca più importante di Venezia. La musica, tuttavia, arriva alla Marciana solo in
tempi recenti, attraverso lasciti di famiglie nobili veneziane tra cui spicca il nome dei Contarini.
Nel 1835, dal ramo dei Contarini di San Benedetto vengono acquistati una settantina di volumi manoscritti
contenenti principalmente opere di autori del '700 come Galuppi, Vinci, Davide Perez, Hasse e ancora
cantate e drammi di Benedetto Marcello nonché il corpus delle celebri sonate per clavicembalo di
Domenico Scarlatti. Nel 1843,
sempre dal nobile casato Contarini. ma dal ramo di San Trovaso o "dello Scrigno",
proprietario della Villa di Piazzola sul Brenta, giunge un legato non meno importante, il cui
nucleo è costituito da 112 partiture di drammi per musica secenteschi che documentano la prima
straordinaria fioritura dell'opera veneziana. Questo secondo Fondo Contarini, assai frequentato
dagli studiosi fin dai tempi di Gian Francesco Malipiero e Bruno Maderna, conserva le opere di
Claudio Monteverdi oltre a quelle di Francesco Cavalli, Marc'Antonio Ziani, Antonio Sartoria,
Carlo Pallavicino e le cantate di Alessandro Stradella. Infine nel 1928-30 viene acquisito il
Fondo Canal in cui si conservano autografi di opere di Marcello e la raccolta delle
Sonate per
il cembalo di diversi autori appartenuta alla N. D. Maria Venier che avremo modo di citare nuovamente.
Ai pregi inestimabili delle collezioni musicali marciane (
en passant conviene ricordare anche il
fondo ottocentesco delle prime edizioni Ricordi) fa da contraltare uno stato generale delle fonti
musicali veneziane per cui forse non a torto si potrebbe parlare di "diaspora". Eclatante
è il caso di Antonio Vivaldi, la cui raccolta di autografi e copie personali in una serie rocambolesca
di passaggi è fortunosamente pervenuta alla Bibioteca Nazionale di Torino. Ma in realtà ben più abnormi
sono per vastità le lacune che riguardano pressoché tutta la produzione melodrammatica veneziana del
secondo Settecento (allorché Venezia era "regina" del teatro musicale) nonché quella dei
drammi musicali intonati sui testi biblici dalle "Figlie da Choro" dei quattro ospedali -
fiore più unico che raro di una musica di genere nel secolo XVIII. Per contro, dato che i materiali
e le tracce della storia non sempre restano ordinatamente là dove avviene il corso degli eventi, anche
alla Biblioteca Marciana, sono pervenuti inestimabili capolavori che nulla hanno a che vedere con
Venezia. Il caso più celebre è certamente quello delle
Sonate di Domenico Scarlatti su cui si impernia
oggi un progetto di restauro dei codici, studio e interpretazione musicale incisa su cd, che vede l'Ente
Biblioteca Nazionale Marciana affiancare Sony Classical Italia e Banca Carige (
vedi box). Il progetto,
intitolato eloquentemente La tastiera italiana, è ideato dal pianista Andrea Bacchetti con la consulenza
musicologica di Mario Marcarini, e vuole evidenziare sia l'importanza del contributo italiano allo sviluppo
del repertorio della tastiera nell'età pre-c1assica e classica, sia che questo stesso repertorio - testi
nati in realtà per il cembalo, il fortepiano o i pianoforti del primo '800 - può essere validamente
proposto e in qualche modo anche sintetizzato artisticamente sui pianoforti di oggi. Certo Bacchetti
non è il primo che suona al piano le
Sonate di Scarlatti, ma è interessante l'attenzione portata
dall'artista alle fonti primarie e il fatto che queste diventino fondamento della sua interpretazione.
I manoscritti di Scarlatti che si conservano alla Marciana sono per altro un'entità archivistica
largamente omogenea e, sebbene non autografa, dotata di grande auctoritas. Si tratta infatti per la
maggior parte di volumi appartenuti alla destinataria stessa delle opere, l'Infanta Maria Barbara di
Braganza, figlia di Giovanni V di Portogallo e poi, grazie al matrimonio con Ferdinando di Borbone,
regina di Spagna. È certo che la raccolta scarlattiana fu portata in Italia dal celebre castrato Carlo
Broschi, detto Il Farinelli, di ritorno dai lunghi anni spesi a Madrid a consolare con il proprio canto
gli stati depressivi del monarca. Ma per evidenziare il ruolo assegnato alla Marciana all'interno del
progetto
La tastiera italiana, oltre all'aulica raccolta delle
Sonate di Scarlatti, occorre citare almeno
un altro testimone manoscritto questa volta schiettamente veneziano. Come ha suggerito Marcarini
nell'incontro dedicato alla presentazione del progetto tenuto alla Libreria Sansoviniana nell'ottobre
scorso e concluso da un applauditissimo concerto di Bacchetti «
si tratta forse del primo cahier de
musique dell'intera storia della musica». Il manoscritto proviene questa volta dal Fondo Canal e il
suo frontespizio recita infatti così (Suonate per il cembalo / di diversi autori / per la N.D. Maria
Venier). «
Il significato della collana», dice ancora Marcarini, «
è quello di far
percepire gli oggetti della cultura, i testimoni della storia della musica, come oggetti di uso
quotidiano». Andrea Bacchetti risponde a questo motto con vere e proprie lezioni di stile, lezioni
di musica senza parole, dove il pianoforte, così improbabile storicamente, ci si rivela via via mezzo
efficace per far rivivere questi oggetti dimenticati. Certo ciò avviene sotto le dita e prima ancora
nel pensiero di un artista raffinato, ma è di buon auspicio perché prove simili di sensibilità e di
intelligenza del gusto si moltiplichino nei programmi da concerto, in grandi e piccole sale, nelle aule
di conservatorio.
AMADEUS N.279 - FEBBRAIO 2013