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Intervista con Andrea Bacchetti


È l'epoca di YouTube ma attenti alla poesia



Il protagonista del cd allegato questo mese a Suonare News riflette sui giovanissimi che postano video sul web per farsi notare, sperando di saltare audizioni e concorsi: «Sui social si può ascoltare di tutto: da Karajan allo studente di Conservatorio, che comunque fa benissimo a farsi vedere. Però attenti che il pensiero musicale e l'interpretazione non passino in secondo piano» ... L'esperienza di enorme rilievo artistico al fianco di Uto Ughi: «Soltanto provare con lui, approfondire frase per frase, è un'opportunità rara e preziosa»


di FILIPPO MICHELANGELI

Tra i pianisti italiani in atti­vità Andrea Bacchetti oc­cupa un posto speciale e, per certi versi, unico. Il 39en­ne musicista genovese è sulla breccia da quando, appena 11enne, debuttò a Milano, in Sala Verdi, con i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone. E se sovente gli Enfant Prodige crollano nel passaggio alla ve­ra carriera internazionale, Bacchetti è riuscito ad affron­tare la maturità conservando miracolosamente il candore della giovinezza con la consa­pevolezza della maturità.
Merito, oltre che di una ra­ra sensibilità musicale, di un'intelligenza vivacissima che gli ha permesso di affron­tare il pianismo senza acco­darsi a modelli precedenti, senza timori reverenziali. Costruendo una carriera che lo vede attraversare con disinvoltura il mondo dello spetta­colo a 360 gradi.
Dal suo ado­rato Bach, alla musica contemporanea, passando per i saloni televisivi di Piero Chiambretti, alle Performance con la cantante pop Antonel­la Ruggiero.
La sua frenetica attività è fissata per l'eternità su 34 album, 4 dei quali regi­strati per Suonare News.
Lo abbiamo incontrato a Palmanova, in provincia di Udine, durante le prove di un concerto con la Mitteleuropa Orchestra diretta da Giovanni Pacor. Beethoven ha composto 5 concerti per pianoforte e or­chestra.

Nel cd allegato que­sto mese a Suonare News ha scelto il Quarto, uno dei meno frequenti nelle stagioni con­certistiche dove prevalgono il l°, il 3° e il 5°. Qual è il suo pre­ferito e che cosa rappresenta­no nella letteratura pianisti­ca?
Il mio preferito è senza dubbio il Quarto, che credo sia il più difficile per la con­certazione con l'orchestra. Per quello che riguarda gli al­tri non ho predilezioni parti­colari, se non per il Primo che ho studiato recentemente e ho suonato per la prima volta al Teatro Alighieri di Ravenna. È scontato che i concerti di Beethoven siano un punto fermo per la letteratura piani­stica. Inoltre non posso non ricordare il Secondo che suono fin da bambino ed è in un certo senso una sorta di brano icona per tutti i giovani che iniziano a cimentarsi con questo repertorio.

Nonostante la giovane età lei ha già una discografia im­pressionante, con 34 album. Ma il cd è morto come dicono tanti, superato dalla fruizione sul web, oppure ha ancora un significato e un molo nel mercato musicale?
Il primo disco che ho fatto è quello registrato live al Festi­val di Lucerna nel 1996, avevo 18 anni, con i Festival Strings Lucerne diretti da Ru­dolf Baumgartner.
Erano an­ni in cui la musica s'ascoltava o alla radio, in TV o nei dischi. E io come tanti ragazzi anda­vo nei negozi a cercare le re­gistrazioni dei grandi: Pollini, Rubinstein, Horowitz, Maga­loff. Il tempo e la tecnologia hanno via via cambiato le cose e oggi abbiamo l'oppor­tunità di ascoltare dal web in diretta da tutto il mondo, e dunque di scegliere in un'ampia gamma di opportu­nità più o meno interessanti.
Nei cd in effetti c'era, e credo ci sia ancora, un'importante selezione che i label manager continuano a fare con profes­sionalità. C'è anche un bel ri­torno al vinile, soprattutto per cose di valore anche stori­co. Con il tempo e l'evoluzio­ne tecnologica, probabilmen­te, anche il cd finirà così co­me sono finiti i mitici 45/78 giri o le audiocassette.
Ma si­curamente rimarranno nella storia le incisioni dei grandi, quelli che hanno fatto la sto­ria della musica, non solo classica.

L'anno scorso ha inciso un cd, "La vita imperdibile delle canzoni", con Antonella Rug­giero. Dopo la presenza fissa negli show televisivi di Chiambretti, torna a stupire collaborando con una regina del pop. Che c'azzecca un pianista classico in tutto que­sto?
L'esperienza con Antonel­la Ruggiero è stata straordina­ria. Il mondo non cambia so­lo per i cd. È un'evoluzione continua nell'economia, nel­la scienza, nella medicina, ma anche nella cultura, nella musica, nella letteratura. E la qualità, il talento, l'eccellen­za, direi il genio quello che fanno la differenza. O gli vai dietro o rimani tagliato fuori.
Ebbene, "La vita imprevedibi­le della canzoni" vuole testimoniare un po questo principio. Infatti, ci troviamo di fronte a delle canzoni: i gran­di successi dei Matia Bazar. Completamente trasformate. Grazie agli arrangiamenti ad hoc che Stefano Barzan ha fatto e sui quali abbiamo tutti insieme lavorato moltissimo. Per esempio, Vacanze Romane diventa un pezzo bel­lissimo, reinventato per pia­noforte classico e voce. La mia parte non è quella di un accompagnamento al pia­noforte, stile pianobar, tanto per intenderci, ma è una riscrittura nuova, originale, controcorrente rispetto al suo genere.
Al tempo stesso moderna e fortemente inno­vativa nelle sonorità, nei co­lori, nel suono che si fonda magnificamente con la voce di Antonella: raffinata, pre­ziosa, inconfondibile, cristal­lina. Atmosfere, atteggia­menti espressivi un gusto ca­meristico che ci accomuna. Emozioni forti. Il pubblico, sempre numerosissimo, ne esce entusiasta, forse un po' sbalordito. Anche i giovani sono numerosi, interessati. Coinvolti e desiderosi di ca­pire, di approfondire.

Lei, solista nel pieno della carriera, ultimamente sta fa­cendo concerti con il violini­sta italiano Uto Ughi, come pianista da camera. Ci rac­conti qualcosa di questa col­laborazione
È vero. Ho fatto alcuni concerti. Mi sono trovato benissimo. È un'esperienza di enorme rilievo artistico e umano. Uto Ughi è un musi­cista di vasta cultura e solo provare con lui, approfondi­re frase per frase, brano per brano, è un'opportunità rara e preziosa. Veramente. Spero che questa collaborazione possa continuare anche per far crescere il mio repenorio sotto una guida così autorevole.

Quest'anno, a fine settem­bre, festeggia 40 anni. Una volta per un uomo era tempo di bilanci. Proviamoci. Guar­dandosi indietro ci sono cose che non rifarebbe? Che cosa le manca ancora dal punto di vista professionale?

Certo. Già da bambino e poi anche gli anni giovanili so­no stati caratterizzati da tutta una serie di esperienze parti­colarmente significative che hanno lasciato il segno nella mia formazione di musicista e di uomo.
Le esperienze a Lu­cerna con Baumgartner, l'in­contro con Karajan e con Be­rio a Salisburgo con il quale ho poi studiato e lavorato fino a poco tempo prima della scomparsa. Mi piace ricordare il cd "Berio Piano Works" che lui aveva seguito con tanto en­tusiasmo e che gli è piaciuto moltissimo. L'elenco sarebbe troppo lungo. Fino al diploma Master all'Accademia di Imola con Franco Scala con il quale mi è rimasto un rappor­to artistico particolarmente si­gnificativo.
Credo che non ci sia niente che non rifarei. An­zi, ci sono cose che rifatte alla mia età sarebbero utili e importanti. E le rifarei volentie­ri ... La frequentazione di que­sti grandi musicisti mi ha la­sciato la voglia di continuare in questa direzione: cioè lavo­rare con orchestre, direttori e solisti prestigiosi, fare musica da camera con le migliori for­mazioni. Non tanto e non solo per la carriera; ma per al­largare le mie conoscenze (la "Musica" è infinita a prescin­dere dai generi), per nuove sperimentazioni, per crescere sempre, senza fine.
Da parte mia c'è un impegno notevole in questa direzione perché sento che questa non solo è la strada giusta, ma la sfida che di più mi attrae e mi coinvolge anche quando richiede un impegno pressante: penso a quando il compositore con­temporaneo spagnolo Agustin Gonzalez Acilu mi ha proposto l'esecuzione di un concerto (fra l'altro difficilissi­mo) per pianoforte e orche­stra che poi ho eseguito a Ma­drid con l'Orchestra della Ra­dio Televisione Spagnola RT­VE trasmesso in diretta. Ci ho lavorato sopra per quasi un anno.

La sua generazione è stata l'ultima che si imponeva solo attraverso audizioni e vittorie in concorsi. Oggi i giovanissi­mi postano video sul web e contano le visualizzazioni. Sperando di "spaccare" il mo­nitor e conquistare il pubblico stabilendo un con­tatto diretto. I concorsi hanno gli anni contati?

Bella domanda. Il web ha cambiato il mondo e non solo nella musica. Con enormi ef­fetti positivi. Lo viviamo tutti e tutti i giorni. Ma quella glo­balizzazione che ne deriva, forse, è un po' a discapito del­la qualità.
Su YouTube si può ascoltare di tutto: da Karajan al più giovane studente di Conservatorio che comunque fa bene a postare i suoi video. Sia chiaro: non sempre, però, il pubblico premia il migliore dal punto di vista artistico.
Giocano fattori diversi: dalle qualità fisiche, al modo di ve­stire, il virtuosismo fine a sé­ stesso, cioè tante note, tanto effetto, ma poca musica e niente poesia, colori, eccete­ra. Forse il pensiero musicale, il talento, la genialità dell'interpretazione passano in secondo grado.
Sui concorsi ho pochissima esperienza, ne ho fatti solo due: il Premio Vene­zia e il Concorso "Micheli". Forse dovrebbero anche loro adeguarsi ai tempi, innovare con formule che lascino più spazio alla personalità, alla fantasia dell'artista, rispetto alle ferree regole classiche. Anche questo mondo è in continua evoluzione.

Prima c'erano i russi, poi sono arrivati i giapponesi, a ruota i coreani. Oggi i pianisti cinesi dominano le scene in­ternazionali. Gli italiani sono fortissimi, ma anche il piani­smo è globalizzato. Ci sarà posto per tutti?
Ormai il mondo è globaliz­zato. Sentiamo parlare ogni giorno di giovani talenti che vanno all'estero; per lo stesso motivo tanti stranieri vengono in Italia. La selezione, il clima competitivo, fanno parte del mondo di oggi nella musica come nell'industria, nella ri­cerca, nella scienza.
Forse so­no un illuso, non lo so. Io cre­do che la qualità, l'impegno, il sacrificio e naturalmente il ta­lento, l'entusiasmo nel fare le cose e tanta umiltà prima o poi ti premiano.

Bach è uno dei suoi autori preferiti. Per Sony sta affron­tando una serie di registrazio­ni monografiche. Quali sono gli elementi ancora attuali di un autore tardo barocco tede­sco?
Anzitutto desidero ringra­ziare Sony per tutto quanto ha fatto e sta facendo per me. Si tratta di un rapporto storico per me importantissi­mo. Mi piace qui ricordare due progetti artistici: uno de­dicato alla riscoperta di ma­noscritti inediti di autori ita­liani del Settecento, che ci ha già dato grandi soddisfazioni, come l'Award assegnato dalla prestigiosa ICMA nel 2014 al cd dedicato alle sonate inedi­te di Scarlatti.E poi la "Bach Edition", che ha visto la pub­blicazione del doppio cd con i sei concerti per tastiera e or­chestra realizzati con l'Orche­stra Sinfonica Nazionale della Rai.
Anche questa un'espe­rienza di rilievo che mi vede in veste di direttore oltre che solista. Bach è la mia vita: è la prima cosa che suono ogni mattina quando inizio lo stu­dio. Secondo me è ancora attualissimo.
Per me ha anche un grande significato: la sinte­si fra il pensiero classico, quel­lo autentico delle mie espe­lienze con Baumgartner e i Festival Strings Lucerne, e quello contemporaneo matu­rato con il lavoro, il pensiero e l'avanguardia di Luciano Berio. Ciò che la critica internazionale definisce "Bach Modern": nel senso appunto di un'interpretazione attuale, personale e, credo, abbastan­za esclusiva.

Questo è il suo quarto cd che esce con Suonare News. In 23 anni di pubblicazioni è di­ventato un beniamino dei no­stri lettori. Molti di loro so­gnano di riuscire ad avere il suo successo. Quali consigli si sente di dare?
Anzitutto voglio rinnovare la mia gratitudine a tutta la redazione di Suonare News per la fiducia, l'attenzione e la sti­ma che da anni mi state dedi­cando. Ma è difficile dare consigli. Ne avrei bisogno anch'io.
Posso solo dire che bi­sogna studiare moltissimo, che la musica bisogna sentirla dentro e spesso - non so se sia un bene - e non esse­re contenti di sé stessi. C'è sempre qualcosa di nuovo da imparare, da scoprire. Quan­do ti senti arrivato, non cresci più. Ci sono giorni e momen­ti difficili, quando non riesci a ottenere da te stesso quello che vorresti. È importante non farsi prendere dalla de­motivazione e reagire con determinazione e perseve­ranza, con la voglia di arriva­re a tutti i costi, anche se sai benissimo che non riuscirai mai ad arrivare dove vorresti.
Ma serve anche una buona guida, persone che ti sappia­no condurre, che siano non solo musicisti ma, come mi diceva sempre il Maestro Sca­la, formatori di uomini a tutto tondo.
E poi, un po' di fortuna non guasta mai.


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