Il
ragazzo prodigio
Oggi
ha 29 anni e dice di essersi sempre sentito un bambino come gli altri.
Ma a soli 11 anni debuttava al Conservatorio di Milano con i Solisti
Veneti e ha avuto la stima di mostri sacri come Karajan, Berio e
Magaloff.
A 17 si è díplomato in pianoforte con dieci, lode e menzione e ha
iniziato una carriera che lo ha portato a suonare in tutto il mondo. A
giorni esce un suo cd per la Sony.
Precocissimo - a soli 11 anni ha debuttato come solista al Conservatorio
di Milano con i Solisti Veneti diretti da Scimone - Andrea Bacchetti
oggi ha 29 anni ma il suo curriculum sembra quello di un cinquantenne.
Ha incontrato grandi personalità come Karajan, Berio, Horszowsky,
Siciliani e Magaloff.
Genovese
di Recco, si è diplomato all'Accademia di Imola con Franco Scala ed è
uno dei pianisti italiani più attivi sulla scena nazionale e
internazionale. Suona nei più importanti festival e ha già inciso una
decina di cd, due dei quali con la Decca.
Hai
iniziato da bambino ad esibirti in pubblico. A 11 anni hai debuttato a
Milano. Come vive il momento dello spettacolo un ragazzino?
Devo
dire che ho ricordi isolati. Di Milano mi sono rimasti impressi il
dottor Mormone che mi fece debuttare per la Società dei Concerti. Fu un
evento importante, apparvero critiche sui quotidiani, allora ne facevano
ancora. Ero emozionato. Ma durante il concerto non mi rendevo conto che
cosa significasse suonare davanti al pubblico. Con il tempo cambia la
consapevolezza di quello che si fa. Non mi sono mai sentito un prodigio.
Anche quando, a 17 anni, mi sono diplomato in conservatorio con dieci,
lode e menzione. Ho pensato che fosse soltanto un punto di partenza.
Nonostante
la tua giovane età hai incontrato mostri sacri della musica, come
Karajan, Berio e Magaloff. Chi ti ha influenzato di più?
Con
Karajan fu un rapporto breve, ci siamo scritti delle lettere, ma nel
1989 è morto. Berio è stato il mio maestro. Mi ha insegnato ad essere
mostruosamente severo con me stesso. A lui devo il senso della
disciplina, l'oggettività del testo e mi ha influenzato nelle scelte
del repertorio. Aveva un grande carisma.
A
chi devi dire "grazie"?
Franco
Scala mi ha insegnato a migliorare la tecnica e mi ha lasciato libero di
esprimermi. Hans Fazzari, il patron delle Serate Musicali, ha sempre
creduto in me. E’ un personaggio più unico che raro: mi ha dato
fiducia facendomi suonare tante volte a Milano accanto ai più grandi
interpreti del mondo.
Hai
inciso per la Decca le opere pianistiche di Berio, un cd che ha avuto un
bel successo di vendita. Eppure la musica contemporanea sembra sparita
dai programmi da concerto. Anche i grandi musicisti, dopo gli entusiasmi
degli anni Settanta, se ne tengono alla larga. Che cosa ne pensi?
Alcuni
la eseguono assiduamente. Come Maurizio Pollini o Pierre Aimard.
Purtroppo la maggioranza dei solisti crede che alla gente non piaccia.
lo, invece, penso che il pubblico, con un piccolo sforzo, possa
appassionarsi.
In
Italia vivono facendo concerti non più di una ventina di pianisti. Tu
sei uno di questi. Un privilegio o una responsabilità?
Tutte
e due. In realtà a livello internazionale gli artisti italiani contano
poco. Francamente il fatto che siamo 20 mi sembra già tanto.
L'anno
prossimo compi 30 anni. Come affronti la tua maturità musicale?
Non
ci penso. Credo che uno debba suonare cercando sempre di migliorare.
Fino a dieci anni fa ero più virtuoso. Nel 1997 suonavo il Quarto di
Rachmaninof a folle velocità. Oggi lo faccio più lento. Lo stesso vale
per gli studi di Chopin. Rimpiango il senso del rischio.
In questo cd presenti le Variazioni Goldberg di Bach, un monumento
dell'arte tardo barocca. Che cosa significa suonare Bach al pianoforte e
come ti poni di fronte ai filologi che lo eseguono su strumenti
originali?
Suonare
una musica che non è stata pensata sul pianoforte richiede maggiori
risorse interiori e sentimentali. Ho una visione rigorosa, ma libera,
non rigida. Sul pianoforte c'è il pedale e io lo uso.
Concorsi
e carriera. Un binomio per gli aspiranti musicisti che sembra ormai
inevitabile. Che cosa ne pensi?
Penso
che non siano più determinanti come un tempo. Il "Busoni" di
oggi, per esempio, non vale più come quello di una volta. Quando
vinsero Cominati e la Zilberstein era più utile alla carriera. Oggi le
uniche gare che lanciano a livello internazionale sono lo
"Chopin" di Varsavia e l'americano "Van Cliburn".
Sogno
nel cassetto?
L'ho
appena realizzato. Ho inciso un cd per la Sony con le Sonate per
pianoforte di Cherubini che verrà distribuito in tutto il mondo.